Cittadino

Cittadinanza - Doveri

Tag: diritti, cittadino, dovere
La crisi della cittadinanza è un fenomeno progressivamente dilagante nei tempi recenti, per cui il cittadino tende sempre più a riconoscersi nei diritti che il suo status gli conferisce piuttosto che nei doveri che si affiancano ad essi. Il problema di fondo consiste nel fatto che l’essere cittadino viene visto più come un privilegio che come una funzione civile. La possibilità di non partecipare alla vita politica e pubblica viene abbracciata da un numero sempre maggiore di persone che tende a considerare la cittadinanza, appunto, come un mero stato di privilegio e di riconoscimento di diritti bastanti a garantire un’esistenza tranquilla. Essere cittadino, tuttavia, significa essere legato a uno Stato sia da diritti che da doveri, volti a equilibrare i rapporti reciproci e al contempo a responsabilizzare i singoli individui inserendoli nell’ambito di una collettività legata da comuni interessi, oltre che in diretta relazione con lo Stato. Innanzitutto, dunque, dovere fondamentale del cittadino è quella di rendersi conto di appartenere a una comunità e di comportarsi di conseguenza. Già Locke, nel XVII secolo, affermava come fosse necessario un accordo reciproco tra gli uomini basato su un patto fondato sulla ragione e volto all’interesse comune, un patto che precede ed è fondamento dello Stato. Da secoli, perciò, si è messo in evidenza innanzitutto il rapporto che lega gli uomini tra di loro (in quanto esseri dotati di ragione) prima che allo Stato. Si passò dalla concezione hobbesiana dell’”homo homini lupus” a quella liberale di Locke. Il cittadino, dunque, prima di tutto, è legato agli altri suoi pari, con i quali va a costituire le fondamenta dello Stato, da doveri, perché possa essere garantita una convivenza pacifica, senza che ciò comporti la perdita di diritti. I doveri reciproci dei cittadini sono, tra gli altri, la solidarietà, il rispetto per la persona e l’opinione altrui e per ciò che è pubblico; questi principi non dovrebbero essere condizionati dagli interessi personali o dal credo politico e religioso e devono invece considerarsi insiti nel concetto stesso di cittadino, denominatore comune di persone che devono comunque mantenere la propria individualità. Per il cittadino in uno Stato democratico, inoltre, è fondamentale il dovere di prendere parte alla sfera pubblica e sfruttare a pieno la possibilità di parteciparne. È nell’ambito pubblico, infatti, che l’uomo ha modo di costruire e rafforzare la propria identità di cittadino, dal momento che essa gli fornisce lo strumento per responsabilizzarsi, prendere attivamente parte alla vita politica ma, soprattutto, per confrontarsi con altri, avendo modo di sviluppare opinioni personali nate da un dialogo a più voci. Se, dunque, lo Stato riconosce un individuo come suo cittadino, è dovere del cittadino ottemperare alla funzione che gli è richiesta, dimostrandosi partecipativo e interessato, a partire dal far proprie e svolgere quelle responsabilità alle quali quotidianamente viene chiamato come l’obbligo di frequenza scolastica e lavorativa e il rispetto degli spazi e dei beni pubblici.
Diritti e doveri devono, perciò, coesistere per andare a costituire l’edificio dello Stato, inteso come rapporto verticale che lo lega al singolo cittadino, ma anche orizzontale, in quanto lega i cittadini tra di loro. Diritti e doveri sono gli uni garanzia degli altri. Col prevalere degli uni o degli altri si rischia di perdere la dimensione comunitaria della vita politica e pubblica e di sfociare in un estremo individualismo e nella perdita del valore della propria identità di cittadino.
Irene Grazi IV A Liceo Classico ‘Galileo’ Firenze

blog comments powered by Disqus

Cittadinanza

A partire dallo sviluppo del pensiero politico di Locke, filosofo inglese vissuto nel XVII secolo, è nata, sulla scia della dottrina filosofica giusnaturalistica, la concezione moderna di cittadino. Le formulazioni politiche liberaliste di Locke andarono a costituire le basi, prima che degli ideali della Rivoluzione francese, di quelli della Rivoluzione inglese antimonarchica che portò, tra le altre cose, all’emanazione del Bill of rights (1689), una dichiarazione dei diritti precedente di un secolo a quella francese (la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789). Si può certamente affermare che con Locke avviene il passaggio dalla concezione hobbesiana dell’homo homini lupus a quella di un uomo il cui stato di natura non è ancora politico ma è già sociale, contraddistinto dalla ragione, capace in un secondo momento di giungere spontaneamente e volontariamente a un patto con gli altri suoi simili che ne regoli i rapporti. Che l’uomo sia un animale politico, la cui stessa natura lo spinge ad associarsi in comunità già lo affermava Aristotele nel IV secolo a.C. . Locke non fa che proseguire su questa linea di pensiero. Per il filosofo inglese l’uomo possiede per la sua stessa natura la capacità di instaurare un rapporto con l’altro, di accordarsi e di giungere a compromessi sulla base dell’interesse comune; in questo modo Locke definisce quelli che effettivamente sono i valori principali che caratterizzano tutt’ora, a distanza di secoli, il buon cittadino. Dalla concezione verticale del rapporto Stato – uomo presente in Hobbes per cui il cittadino è direttamente soggetto allo Stato, al quale cede tutte le proprie libertà, con Locke si passa a una concezione anche orizzontale che lega gli uomini tra di loro e mette in evidenza innanzitutto l’importanza del loro rapporto reciproco, ritenuto un rapporto tra pari. L’appartenenza stessa a una comunità diventa perciò fare politica e assumono un rilievo fondamentale tutti i valori che legano gli uomini tra di loro in vista dell’interesse comune che finisce inevitabilmente per coincidere con quello personale.

Irene Grazi V A Liceo Classico ‘Galileo’ Firenze

blog comments powered by Disqus